The Murder City Devils

Murder City Devils

Con i Murder City Devils è stato amore a prima vista principalmente per tre motivi: il rock’n’roll, la voce roca di Spencer Moody, l’organo elettrico. Il gruppo nasce nel 1996 a Seattle e propone un garage rock’n’roll violento e cazzuto.

Sono stato colpito fin da subito dal cantante, che possiede una delle voci più disperate del rock degli ultimi 30 anni. I Murder city devils cantano di vita nei bassifondi e nelle periferie delle città, di amore, alcool, delusioni e incazzature, imbevuti nel sacro fuoco del rock’n’roll.

Vita e discografia piuttosto breve, che consta di due masterpiece: l’esordio omonimo del 1997 ed Empty Bottles Broken Hearts del 1998, usciti entrambi per Sub Pop Records (l’etichetta “grunge” per eccellenza). A questi segue una sorta di “Best of” intitolato In name and Blood (2000), ed un disco del 2014, The White Ghost has blood on its hands, a mio parere poco ispirato.

Discografia Murder City Devils

The Murder city devils 1997

L’esordio si apre subito con l’organo che introduce un pezzo molto lento, “Press gang” che parla di un ragazzo giovane, morto, appeso al patibolo. Liriche pesanti fin dall’inizio, che si protraggono con la successiva intensa e bellissima “I drank the wine”, forse una storia d’amore finita male, con un cuore sepolto.

Ritmo sostenuto anche con le successive “Bunkhouse” (e ancora la linea di organo elettrico sugli scudi) e “Idle hands” che parla di una ragazza di Austin, e presenta un verso davvero particolare “These idle hands, they do the devils work”, ovvero “queste mani inattive fanno il lavoro del diavolo”.

La successiva “Rum and Whiskey” allenta un po’ la tensione, così come la seguente “I’ll come running”, struggente nella maniera dei Murder City Devils. La cattiveria punk ritorna invece con “Demon Brother” dai riff accattivanti quanto più semplici e diretti rispetto alle canzoni precedenti.

Si resta nel punk anche con “Lemuria rising”, prima di tornare a piedi pari nel garage rock di “Somebody else’s baby”, ancora una canzone che parla di amori difficili o finiti. Si avvicina la fine del disco, che prosegue con il punk di “In this town” e la bella intro di basso di “No grave but the sea” che parla di marinai, mari e sirene.

L’album si chiude con la lenta “Fields of fire” ispirata da contadini, campagna, alcoolismo e campi che bruciano. Ecco un altro aspetto che mi colpisce molto di questa band: i testi molto poetici, tragici e disperati, decantati con il giusto mood.

Empty bottles Broken Hearts 1998

Per confermarsi tra le top bands degli anni ’90 serve un altro disco di assoluto valore e l’anno dopo i nostri bissano il livello dell’esordio (se non addirittura lo superano).

La doppietta iniziale “I want a lot now” e “Dancin’ Shoes” (ascoltala qui) ti stende come un doppio cazzotto in faccia. “18 wheels” non è da meno e così anche “Left hand right hand”.

L’album prosegue con “Ready for more” e soprattutto “Cradle to the grave” (di nuovo una canzone d’amore disperato tra disperati). Non c’è un pezzo brutto nemmeno in questo disco, come non amare “Dear hearts”, “Hey sailor” o “Johnny Thunders”?

“Some people are born to rock’n’roll” (dalla song “Another round on you”)

Consiglio spassionato: ascoltate i Murder city devils davanti ad una bella bottiglia di vino rosso, per dimenticare “Every shitty thing” (il titolo dell’ultima canzone).

marcello.monicelli
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Ciao a tutti sono Marcello e sono musica-dipendente. La musica mi ha dato tanto, quindi adesso è ora di rendergliene merito e giustizia attraverso questo blog.

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