Allah Las
Gli Allah Las sono una rock band nata nel 2008 e autrice di 5 albums e svariati singoli e tra le mie preferite tra le “nuove band” degli anni ’10 (intesi come 2010 e successivi). Gli Allah Las sono bravi, molto bravi, sanno di esserlo e per questo gigioneggiano sia su disco che dal vivo.
Li ho visti live due volte a Milano e mi sono sembrati: o un filo “spocchiosi” o estremamente “timidi”, difficile capirlo. Quello che invece mi è arrivato è che sono ben consapevoli dei propri mezzi, della portata (e del valore) delle proprie canzoni ed è stato pure bello vederli scambiarsi i ruoli di cantante, batterista, chitarrista. Insomma: tutti suonano un po’ di tutto e in questo video li potete vedere nella loro forma migliore.
Poi sono arrivate voci che i musulmani non gradivano per niente l’utilizzo del nome di “Allah” e hanno minacciato attentati ai loro concerti, quindi ho deciso di non andare più a vederli. Ma anche perché dopo i due stupendi primi album, con il terzo hanno cambiato un po’ genere, rallentando molto ed esplorando soluzioni non più così immediate e melodiche come agli inizi.
Le influenze
Essendo molto psichedelici, prendono spunto dal rock della west coast americana anni ’60, San Francisco, Laurel Canyon e dintorni. In particolare, mi ricordano soprattutto i Byrds per l’impronta musicale e a volte gli Zombies per le melodie vocali.
La loro musica trova collocazione in quell’epoca ma non disdegna incursioni nel surf e nel folk rock. Il loro primo singolo è stato prodotto da quell’altro geniaccio di Nick Waterhouse e qui il cerchio si chiude.
Gli albums
Assolutamente da avere il primo omonimo del 2012 e “Worship the sun” del 2014. Un po’ dietro nelle mie preferenze il terzo “Calico review (2016)”, mentre molto lontani dalle prime produzioni e poco ascoltati i due più recenti (Lahs e Zuma 85). Parliamo quindi in dettaglio dei primi due dischi, quelli che contano per me.
Allah-Las (2012)
Immaginatevi belli rilassati, la sera, in spiaggia, intorno ad un fuoco, la vostra colonna sonora potrebbe benissimo essere “Catamaran” il pezzo che apre l’esordio sulla lunga distanza degli Allah Las. Basso in evidenza, cantato alla “frega un c*zzo”, organo al posto giusto e chitarra in levare. Mix ed atmosfera che richiamano subito i sixties.
Su questo album non c’è un pezzo brutto, è semplicemente perfetto, nonché uno degli esordi rock migliori degli anni 2010/20. Si prosegue con “Don’t you forget it” (il disco di certo non te lo scordi!) doppia voce e riff garage-rock semplice ma di grande efficacia. Ritmo affidato a timpani e maracas in attesa del singolone “Busman’s holiday” che segue.
Andamento sostenuto, melodia memorabile, cori al posto giusto: come si fa a non amare un pezzo così? E che dire del successivo melanconico strumentale “Sacred sands”? Spiagge sacre, chitarre incrociate e una melodia che fischietti in automatico dopo qualche ascolto.
Il disco prosegue, cambiano i ritmi ma non l’efficacia delle canzoni, che si susseguono una più bella dell’altra: “No voodoo”, “Sandy” un viaggio multiforme nei sixties migliori, sfiorando la bossanova di “Ela navega”.
Manca un ritornello sing-a-long? Ecco “Tell me what’s on your mind”. Volete una canzone struggente e sognante? Avanti con “Catalina”. Tonalità più allegre? Vis-A-Vis è il pezzo che fa per voi. Giusto prima di terminare il disco in maniera più rilassata con “Seven point five” e con un altro pezzo che trasuda menefreghismo da tutti i pori (tipo “noi siamo qui e siamo così, c*zzi vostri”), cantato egregiamente dal batterista con un timbro alla Roky Erickson: “Long Journey” .
Worship the sun (2014)
Difficile doppiare un primo album col botto, ma anche il secondo parte con le migliori intenzioni con “Da vida voz” riprendendo il discorso da dove è finito il disco precedente. A seguire l’ennesimo singolo spaccatutto “Had it all” con cori e melodie sognanti e si ritorna ancora li, in spiaggia, dove tutto è nato.
Non ci sono dubbi che anche questo sia un super lavoro, basta ascoltare la successiva “Artifact” con bellissime linee vocali, seguita dalla strumentale “Ferus Gallery”. Sapore di Byrds con “Recurring” e primo rallentamento con “Nothing to hide” per arrivare alle armonie (molto Mamas and Papas) di “Buffalo Nickel”.
E’ tempo di sfoderare un altro gioiello, il secondo singolo “Follow you down”, superbo. Da qui in poi i ritmi rallentano per almeno tre pezzi e le atmosfere cominciano ad anticipare i cambiamenti che poi riscontreremo nel terzo album.
La chiusura è affidata a due pezzi decisamente più rock: lo strumentale “No werewolf” e l’allegra “Every girl”.
Che dire ancora?
Se già vi piacciono i suoni e le bands della West Coast anni ’60, non abbiate paura ad avvicinarvi a questa band. Qui non si tratta di “copiare” pedissequamente i maestri, ma di assorbirne carattere e cifra stilistica riproducendole poi in uno stile comunque personale e facilmente riconoscibile.
Per questo reputo gli Allah-Las veramente grandi, nonostante non suonino nulla di nuovo o innovativo. L’importante è farlo bene e nel modo giusto e loro sono dei maestri in questo, eventuale spocchia a parte.
Ciao a tutti sono Marcello e sono musica-dipendente. La musica mi ha dato tanto, quindi adesso è ora di rendergliene merito e giustizia attraverso questo blog.