I migliori album dei Judas Priest

Migliori Album Judas Priest

Oggi parliamo di un gruppo che definire mitico è altamente riduttivo. Nel cuore mio e di molti altri metallari insieme agli Iron Maiden, ci sono sicuramente anche Rob Halford e i suoi compari. Vediamo quindi quali sono i migliori album dei Judas Priest, ordinati secondo il mio gusto personale, cercando di essere il più obiettivo possibile.

Ho cercato di identificare il peso specifico delle canzoni contenute in ognuno, premiando in primis i loro capolavori e le uscite leggermente inferiori, a scalare.

Consideriamo che i Judas hanno una discografia piuttosto corposa con 18 album in studio, 6 live album e 20 raccolte. Prima di iniziare è bene specificare che dalla nascita fino al 1978 circa suonavano un hard rock bello carico (influenzato tra gli altri, dai Black Sabbath), che si è poi progressivamente trasformato in heavy metal con gli album “Killing machine” e “British Steel”.

In genere quando si stilano le “top 10” si parte dal fondo (quindi dal nr.10) e man mano si scende fino al primo posto, per mantenere l’hype e l’attenzione del lettore. Io preferisco fare le cose con ordine e quindi parto subito dagli album migliori.

01. Painkiller 1990

L’album heavy metal per eccellenza, perfetto dall’inizio alla fine, è senza dubbio “Painkiller”, uscito nel 1990. Difficile trovare un pezzo brutto (ne tanto meno uno mediocre) tra i 10 che lo compongono. Si parte con l’iconica intro con doppio pedale di batteria del brano che da’ il titolo all’album, e si chiude con l’epica “One shot of glory”.

Nel mezzo altri grandi classici come “Hell patrol”, “Leather rebel”, “Night crawler”, “A touch of evil”. L’ho ascoltato (e suonato con la chitarra) tante di quelle volte che alla fine di ogni brano so già come inizierà il seguente. E’ questo il bello di ascoltare i dischi “alla vecchia” con i brani in ordine e non con lo shuffle! Il mio consiglio è di ascoltare “Painkiller” proprio ora su YouTube.


02. Defenders of the faith 1984

“Defenders of the faith” e il precedente, sono stati i primi due album dei Priest che ho ascoltato assiduamente. Sarà anche per quello che sono i miei preferiti? Può darsi, ma d’altronde come sottrarsi alla doppietta iniziale “Freewheel burning” e “Jawbreaker”? Il livello è davvero molto molto alto.

L’album prosegue alternando pezzi più tirati e “metal” ad altri memorabili “hard rock tunes” (Rock hard ride free, Love bites) diventando ad ogni passo sempre più epico. Il lotto si chiude con i “difensori della fede” metal a sventolare il proprio scettro con il pezzo che da’ il titolo all’album e la successiva “Heavy duty”.

03. British steel 1980

L’album della consacrazione planetaria dei Judas, con oltre un milione di copie vendute e una serie di grandi pezzi metal (vedi “Breaking the law”) alternati a pezzi più rock e ritmati (come “Metal Gods” e “Living after midnight”). “British steel” sancisce il quasi definitivo abbandono dell’hard rock in favore di un puro heavy metal che iniziava ad andare davvero forte all’inizio degli anni ’80.

Si parte con il ritmo metal serrato di “Rapid Fire”, assieme a “Steeler” i due pezzi più tirati di un album che non si fa mancare nemmeno un pezzo con intro reggae come “The Rage” (che poi diventa hard rock). Senza dimenticare anthems melodici come “United”, “Metal Gods” e la conclusiva e patriottica “Red, white and blue”.

Un album molto vario che pone le fondamenta per i grandi successi metal degli anni successivi.

04. Screaming for vengeance 1982

Introdotto dall’epica intro di “The Hellion”, questo album è per me un gradino sotto di “Defenders of the faith” ma si difende (…) molto bene fin dall’apertura affidata a “Electric Eye” mid tempo metal dal portamento classico dalle ottime melodie confermate anche nella successiva “Riding on the Wind” (che assomiglia un po’ a “Delivering the goods”).

Cambiano i ritmi e le atmosfere con le successive “Bloodstone”, “(take these) Chains” e “Pain and pleasure” tre hard rock melodici in pieno stile anni ’80. Si torna al metal con la song che da’ il titolo all’album e subito dopo di nuovo all’hard rock con “You’re got another thing comin”, un pezzo che non manca mai nei live dei Priest.

Il livello resta piuttosto alto anche con le successive “Fever” e “Devil’s child”, prima dell’epica chiusura con “Prisoner of your Eyes” (traccia bonus nella nuova edizione rimasterizzata).

05. Killing machine 1978

L’album che secondo me certifica il passaggio dall’hard rock iniziale, al metal classico, insieme al suo successore “British Steel”. Ci sono ancora pezzi “rock” ma le sonorità e i ritmi iniziano ad indurirsi. Il pezzo iniziale “Delivering the goods” è uno dei miei preferiti in assoluto dei Priest con un riff inconfondibile che è una figata anche da suonare con la chitarra. A questo seguono “Rock forever” e la melodica “Evening star”.

Si ritorna al metal con l’altro grande anthem “Hell bent for leather”, per poi passare ad altri ritmi con “Take on the world” e “Burning up” (molto Van Halen style). Da notare la ben riuscita cover dei Fleetwood Mac “The green manalishi” che non manca mai nei live dei Priest.

06. Firepower 2018

Passano gli anni ma i Priest non sembrano mai perdere lo smalto. Questo album del 2018 è una bella sorpresa (ma ormai siamo abituati a lavori di qualità) che si apre con il pezzo omonimo “Firepower”, heavy metal classico con tutti i crismi del genere: ritmica mid-tempo, accelerazioni, assoli e carica assoluta.

Il ritmo si tiene alto con la successiva “Lightning strike”, un’anthem epico che mi ricorda i tempi di “Painkiller”. Mi viene quasi da considerare questo album quasi come un “Painkiller part II” uscito ben 28 anni dopo. Tra le altre chicche si distinguono “Children of the sun”, con un ritornello da pugni in aria, “Flame thrower” (molto primi ’80), “Traitor’s gate” e “Lone Wolf” (che ricorda i Pantera).

A questi livelli si fa prima ad indicare gli unici pezzi “minori” che, a mio parere, sono forse “Spectre” e la conclusiva “Sea of Red”.

07. Stained Class 1978

Tra i migliori album dei Judas degli anni ’70 si apre con “Exciter”, ritmo sostenuto ma suoni ancora un po’ “leggerini”. Stained class è un album prevalentemente hard rock (vedi i pezzi “White heat…” e “Better than you..”, con qualche intrusione nell’heavy metal, come la title track, o “Saints in Hell” o ancora l’epica “Beyond the realms of death”.

Un album più che buono, ma non al livello di “Killing machine” che contiene alcuni singoli memorabili.

08. Sad wings of destiny 1976

Il secondo album ufficiale della band si apre con una bella doppietta formata da “Victim of changes” (molto sabbathiana) e “The ripper” aggressivo pezzo hard che ti resta bene impresso nella mente.

Tra i pezzi migliori di questo album cito anche “Deceiver”, “Tyrant”, “Island of domination” che sembra un degno precursore della “NWOBHM” (new wave of british heavy metal) destinata ad esplodere qualche anno dopo con gli Iron Maiden.

09. Point of Entry 1981

Con la sfortuna di essere arrivato dopo il capolavoro “British Steel”, questo album è stato sempre un po’ bistrattato dalla critica. Riascoltandolo oggi mi sembra comunque un album più che buono anche se in qualche modo “commerciale” e molto dedito al “rock alla AC/DC”.

Il primo pezzo è il mid-tempo “Heading out on the Highway” che fila via liscio e piacevole, “Hot rockin” segue a ruota con lo stesso tenore e anche “Desert Plains” si fa apprezzare. Se siete alla ricerca del singolone, arriva all’ottavo pezzo con “All the way”, poco prima della chiusura dell’album con “Troubleshooter” e “On the run” ancora una volta debitrici della band dei fratelli Young.

10. Invincible Shield 2024

Di tutt’altro tenore invece l’ultima uscita della band che anche nel 2024 pesta ancora durissimo spazzando via qualsiasi “novellino” del genere. Riff memorabile e cantati epici fin dalla prima song “Panic Attack” e dalle successive “The serpent and the king” e “Invicible shield”.

Con una partenza così spedita, i ritmi rallentano un attimo a metà album senza mai perdere di qualità e incisività. Ascoltatevi “As God is my witness” e ditemi come si fa a scrivere pezzi così splendidamente metal anche nel 2024. Solo loro possono farlo.

L’album è piuttosto lungo, consta di 14 canzoni e sono ben pochi i cali di tensione. Dopo tanti anni di carriera, un graditissimo ritorno. I Judas sono come il vino: più invecchiano e più sfornano ottimi lavori, in un’unica parola: leggende.

Nota dell’autore cioè io: sono stato seriamente in difficoltà ragionando se questo ultimo album avesse potuto occupare una posizione più alta (magari un 5° o 6° posto). Diciamo che per la qualità della canzoni ci poteva stare, ma ho voluto rispettare la storia e la vecchia produzione della band: albums magari “più leggeri” ma che hanno senza dubbio influenzato centinaia di altri artisti.

marcello.monicelli
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Ciao a tutti sono Marcello e sono musica-dipendente. La musica mi ha dato tanto, quindi adesso è ora di rendergliene merito e giustizia attraverso questo blog.

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